Diario di una domenica silenziosa

Sensazioni in movimento, prima del blocco completo

16 marzo 2020

Ho avuto dubbi sull’utilità di condividere tutto questo;  infatti, probabilmente molti avranno avuto simili sensazioni, quindi potrebbe non essere molto originale. E inoltre, oggi è un altro giorno, la domenica è passata; tradurre in parole le sensazioni di un momento non garantisce i risultati. Quindi sono stato incerto se mettermi a scrivere. Prendiamolo come un omaggio per quelli di voi che abbiano la pazienza di leggere.
Ma in effetti oggi è davvero un altro giorno. me ne sono accordo questa mattina, aprendo la finestra. Un rumore di fondo di attività umane è ritornato. Nonostante la situazione, le attività di base di trasporti, rifornimento di merci, raccolta di rifiuti e altre non sono sospese e generano rumore. E’ un sottofondo che in genere non notiamo, perchè fa parte della vita. E, alla domenica, la gente è solita muoversi in auto e fare altre attività, che pure generano rumore. Ma ieri è stato diverso, col silenzio che sovrastava il rumore.
Come altra conseguenza della situazione, ora abbiamo più tempo. Quindi, perchè non dedicare qualche momento a scrivere, anche se le sensazioni di un momento non possono essere riprodotte?

La partenza

Ieri ho fatto quello che era ancora consentito: una lunga camminata attraverso le colline e le valli attorno a Cesena, la città dove vivo. E’ una piccola città, perciò, dato che vivo alla periferia, sono già al confine di un misto di frutteti e natura amichevole.
Ho iniziato da un vecchio campo proprio sotto casa, dove ho anche guidato qualche uscita di bagno di bosco. I vecchi arbusti di prugni, il teatro anche di mie soste contemplative, che erano in piana fioritura due settimane fa, avevano già emesso le foglie. Dopo un momento con loro, ho iniziato il cammino.  
Senza automobili, e con poche persone in giro, ho seguito le solite strade locali e piste di campagna, fino al sentiero lungo l’argine del Savio, immerso in una luce così brillante e viva da rendere l’atmosfera ancora meno reale di quanto il silenzio e l’attitudine discreta delle persone in giro potessero fare.
Attraversato il fiume al solito punto di guado, ho proseguito lungo le strade locali, osservando la vita di tutti i giorni che di solito passa inosservata. I cani: un grande momento per i cani; portare fuori i cani è tra le attività consentite; quindi stanno fuori molto più tempo del solito, anche perchè i padroni hanno più tempo: I cani non sanno niente del virus, ma certamente sono felici.
Ho poi raggiunto il sentiero che sale a valicare il primo crinale di colline, dove il silenzio e questa strana solitudine risplendente realmente dominavano. Il rosa dei peschi in fiore era violento. Un po’ più in alto, i tre vecchi alberi di ciliegio che già conoscevo stavano ancora aspettando il momento per fiorire. Sono stato con loro qualche momento, ma più pensando di visitarli ancora quando avessero i frutti maturi, che per una comunicazione intima; avevo ancora parecchia strada da fare e l’atmosfera particolare del giorno non mi aveva ancora preso completamente.

L’immersione

Più avanti, l’attraversamento di una breve fascia di bosco ha rappresentato una specie di soglia, che mi ha introdotto in una diversa attitudine mentale, di comunità con gli esseri attorno a me., soprattutto del modo vegetale, perchè non molti insetti erano attivi, per la brezza frizzante che aveva ripulito l’aria dopo la pioggia del giorno prima.
Ho incontrato di nuovo l’albero di prugno sotto il quale avevo sostato tre settimane prima, steso su un materasso odoroso di agli selvatici, e guardando i rami, in piena fioritura a quel tempo.  E ho ricordato la sensazione piena della miscela dell’odoro di aglio e di quello dolce dei fiori di prugno, e il ronzio delle api.

Gli olivi

Ancora una salita ripida, immerso nel silenzio dei vigneti, orti e piante rigogliose di rosmarino in piena fioritura, e ho raggiunto la casa di campagna vicina ad un campo di vecchie piante di olivo, che avevo già notato in una mia visita precedente. E’ strano, ci sono voluti dieci anni di vita a Cesena per scoprire questo posto, tutto sommato vicino a casa. E per apprendere che gli olivi imponenti erano stati piantati nel 1955. dalla loro forma antica li facevo più vecchi: le argille fertili delle colline li hanno fatti crescere in fretta.
Questa volta però ho subito la loro attrazione e mi sono fermato di più, vagando un po’ sotto le chiome dense e i grandi rami, sorretti a volte da pali di legno. E. finalmente, ho scelto uno degli alberi per una conversazione. L’ho toccato e sono stato in piedi davanti a lui, tenendo due branche con le mani. Quella nella mia mano destra era più vecchia, con la corteccia ruvida e fessurata: una rappresentazione di quella che era l’essenza di questi vecchi alberi.
La branca che tenevo nella mano sinistra era più giovane, con la corteccia più regolare, ma comunque ruvida e robusta. E ha generato la sensazioni più intensa della giornata. Non era nuova. Ho ricordato un giorno di due anni fa, quando incontrai un Inglese che viveva a Cipro Nord; avevo fissato con lui un appuntamento giusto per avere mappe della catena di montagne lungo la costa nord di Cipro. ma, quando gli ho stretto la mano, è stato come stringere un pezzo di legno, scabro e duro. abbiamo passato solo poco tempo assieme, ma è stato sufficiente  per chiedermi della storia di quell’uomo, che all’inizio avevo pensato come un ricco vacanziere, l’ho invece lasciato con la memoria della sua mano, la mano di un lavoratore, e di un uomo che la vita aveva portato a finire a Cipro nord, forse senza neanche sapere bene il motivo. La sensazione della sua mano è ritornata in seguito, quando ho toccato un tronco di faggio, in un giorno in cui era insolitamente secco. Ritrovare ora la stessa sensazione toccando la vecchia branca di olivo mi ha colpito emotivamente.

I cipressi e il memoriale

Sono rimasto ancora un po’ con l’olivo, per uno scambio che non posso rappresentare con le parole. Poi sono dovuto andare, per quello che credevo fosse il mio lungo tratto finale di camminata, per tornare a casa. Invece, dopo pochi metri, ho raggiunto la chiesa di San Demetrio, proprio sulla cima del poggio, con vicino un piccolo cimitero. Sono stato attratto dal viale di cipressi, che conduceva in un posto: era un memoriale ai caduti di guerra. Ogni piccola frazione ne ha uno (vedete anche un altro mio articolo); e, ogni volta che ne vedo uno, mi chiedo come potesse essere che qualche decina di anni fa questi posti, adesso quasi deserti, potessero dare un tale contributo di vite alla guerra. Il memoriale riportava i caduti della prima e seconda guerra mondiale; il numero dei  primi, come quasi sempre, superava quello dei secondi ; su un altro lato c’erano le vittime civili della seconda guerra, il cui numero superava entrambi.
Questi memoriale ci sono anche nelle città, dove spesso riportano centinaia di nomi ma dove quasi sempre sono inosservati, perchè le persone semplicemente corrono e non li notano. Nei piccoli centri la dimenticanza è data invece dalla solitudine. Però ho pensato come potesse essere dopo tutto dolce avere un viale di cipressi che conducono ad un memoriale con inciso il nome.  Sono restato un momento anche con i cipressi, convinto che davvero la giornata fosse finita.

La luce brillante, lungo l’argine del Savio

Il punto di guado

Il colore violento dei peschi fioriti

Il prugno in fiore sotto cui sostai due settimane prima

Uno di grandi olivi a san Demetrio

La branca per la mia mano destra

La branca per la mano sinistra

Il viale di cipressi, verso il memoriale

La vista dell’Adriatico, tornando a casa

Ma, invece, mi sbagliavo ancora. Restando con i cipressi mi è tornata in mente “Davanti a San Guido”, la poesia di Carducci che si faceva alle elementari e alle medie.  Un poeta  dallo stile fortemente romantico ed enfatico, generalmente non molto emotivamente coinvolgente. Però ho subito ricordato l’ispirazione del viale di cipressi in occasione di un ritorno a casa del poeta. E mi sono venuti in mente anche altri versi, che parlano di sensazioni molto simili a quelle che proviamo durante le nostre immersioni in natura e del contatto con gli alberi.
La poesia è lunga e disseminata di linguaggio aulico ed immagini retoriche, quindi non la commento; ma, a casa, l’ho riletta e sono rimasto colpito di come alcuni versi rendano così bene il richiamo degli alberi di calmare l’anima, invitando a fermarsi per parlare con loro e la natura.

Il ritorno

Alla fine però, era venuto il tempo di andare. Giù in una valle e su fino al crinale dall’altra parte, con sorprese senza fine che divetti però trascurare. Le ultime, sono state vedute del mare Adriatico, poi molte persone che camminavano in silenzio e l’ancora lunga strada per casa, senza fermarmi più, ma così piano di sensazioni da non poterne ricevere altre.

Diario di una domenica silenziosa. Filippo D’Antuono. piudimille.com. Tutti i diritti riservati